martedì 24 ottobre 2017

Il referendum in Veneto e Lombardia? Il peggio deve ancora arrivare…..prepariamoci


Il referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto, come avevamo già scritto, si è dimostrato: un azzardo per la politica, che non sa più interpretare il sentimento popolare e nemmeno guidarlo; una falsa rappresentazione dell’opinione pubblica visto i dati dell’affluenza e quelli dei no; l’inizio di un processo di dissoluzione nazionale, che si vuole far diventare realtà dando sfogo a agli istinti primordiali egoistici, caratteristica più delle fiere che degli uomini, per far saltare il principio della solidarietà nazionale che ha sempre contraddistinto l’Italia; la mancanza di un vero soggetto politico nazionale, come fu il Movimento Sociale Italiano, il Partito Monarchico, il Partito Liberale ed Alleanza Nazionale, capace di interpretare l’idea di appartenenza alla comune patria italiana, dei tantissimi che preferiscono non andare a votare per non rendersi complici della fine ingloriosa di tutto.
Il sistema della menzogna colpisce ancora: quasi tutti i media nazionali (tg, giornali, siti web, agenzie di “disinformazione”), nemmeno quelli cosiddetti “anti”, rilevando il fatto oggettivo ed incontrovertibile che in Lombardia ha votato solo il 38,33% degli aventi diritto e che di questi i no sono stati 4,71% e che quindi siamo al 33,62% di Si, non hanno gridato al flop di un plebiscito tanto sbandierato quanto inesistente, ma anzi hanno aperto con un incitamento alla rivolta anti nazionale sull’onda di un risultato “eccezionale”, a sentir loro, a discapito invece dell’opinione dei più ed alla faccia della democrazia tanto amata a parole quanto oltraggiata nei fatti.
Il caso del Veneto, dove i votanti sono stati il 57,2% e di questi il no 1,8%, anche se migliore nei numeri è uguale nella sostanza, infatti ci sono stati un po’ meno della metà di non votanti e qualche no, e quindi la maggioranza ha detto no a questa maldestra e quanto mai malandrina richiesta di autonomia. Quasi tutti il giorno dopo sono scesi in campo a rivendicare il voto come atto di libertà senza però farne una vera analisi.
Quel che è peggio, lo scopriremo tra qualche tempo: i lombardo veneti chiamati alle urne, si accorgeranno che non è cambiato e non cambierà nulla, perché era solo una consultazione non vincolante e che i loro promotori, consapevoli del risultato finale, li hanno semplicemente buggerati.
Questo produrrà tre effetti drammatici sull’opinione pubblica: il primo, l’aumento della sfiducia in questi soggetti politici e nelle istituzioni che aimè rappresentano e che stanno trascinando nel discredito; il secondo, la crescita di una rabbia ancora più rancorosa e marcata contro l’Italia come Stato unitario perché incapace di mutare assetto, come sarà declamato dai lanzichenecchi del potere finanziario che ha solo da guadagnare nello smembramento delle patrie vedi il caso Spagna; il terzo, i cittadini del nord crederanno ancora di più alle panzane che da anni vengono propagandate sulla presunta ostilità e inutilità del Sud, con la conseguente reazione di odio che dal meridione salirà verso le mura dell’ex Ducato di Milano.
Chi oggi urla le tesi di un nord produttivo e perfetto ed di un sud scroccone ed inefficiente, sa benissimo che è una menzogna, perché senza le innumerevoli risorse, umane, ambientali e finanziarie, che da 150 anni vengono depredate da Roma in giù per impinguare le banche, le imprese e le sue istituzioni, il settentrione sarebbe ancora arretrato come lo era all’epoca dell’unificazione italiana pagata con l’oro rubato dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia, come dimostrano diversi approfonditi studi su questi avvenimenti storici.
Senza i docenti del sud trasferiti per “bisogno” al nord, gli studenti sicuramente parlerebbero “lumbard”, con buona pace di qualcuno che disconosce l’uso della lingua di Dante, visto che le scuole e le università statali e private chiuderebbero domani poiché si reggono su di loro; senza gli ingegneri, i tecnici e gli operai, le grandi imprese ed anche quelle piccole, semplicemente non esisterebbero; e che dire della famosa sanità lombarda, potrebbe essere quella che dicono sia senza i medici laureati dalle università del meridione? E tutta la cultura e l’arte per cui Milano e Venezia vantano qualche primato: dal teatro, al cinema, alla poesia, alla musica, alla moda sarebbe la stessa senza il contributo di idee e progetti pensati da uomini e donne del sud?
Tutto si rivelerebbe solo una triste scimmiottatura della Germania di cui diventerebbero satelliti, come quando il Lombardo Veneto era uno staterello, senza prestigio e peso politico internazionale, dell’Impero Austroungarico, o come quando la repubblica cisalpina lo era dell’Imperatore Napoleone, con l’aggravante di oggi di non avere né Bonaparte, né il Kaiser, né gli Asburgo e nemmeno un Re, ma solo qualche cancelliere molto poco “affabile”, per usare un eufemismo, voglioso ancora una volta di saccheggiare il nostro bel paese.
Tanto per dare qualche dato storico, utile però a fare chiarezza, il Ducato di Milano (1395-1797, dal 1708 detto anche Ducato di Milano e Mantova) fu un antico Stato dell'Italia settentrionale mai del tutto indipendente ma facente parte, nel corso della sua storia, del Sacro Romano Impero fino al 1499, del Regno di Francia dal 1499, dell'Impero spagnolo dal 1535 e dalla Monarchia asburgica dal 1714 e dopo le guerre napoleoniche divenuto Regno Lombardo Veneto sotto il diretto controllo dell’Impero Austroungarico, e alla fine entrò nel Regno d’Italia dopo le battaglie di Solferino e San Martino nel 1859 con l’eccezione del Veneto che vi fu annesso nel 1866. Inoltre l’Imperatore Ferdinando I d’Austria si fece incoronare a Milano nel 1838 Re del Lombardo Veneto indossando la Corona Ferrea volendo così affermare il suo dominio anche come legittimo erede dei Re d’Italia e testimoniandone l’esistenza almeno come titolazione dell’omonimo regno, cosa che precedentemente aveva fatto lo stesso Napoleone Bonaparte.
Questo solo per dire che storicamente l’indipendenza che qualcuno vorrebbe appoggiare su precedenti illustri semplicemente è un falso di dimensione colossale però usata ad arte come arma di disinformazione di massa.
 Quello che accadrà, temo, sarà che tra qualche anno, quando la situazione non potrà essere molto diversa da ora, e visto l’accentuarsi del disfattismo alimentato dal sistema della menzogna mediatica, gli stessi figuri che oggi gridano “autonomia” domani urleranno “indipendenza” come a Barcellona, aprendo consapevolmente la via a scenari da guerra civile, in cui lo Stato centrale dovrà necessariamente confrontarsi con una realtà difficile ed incattivita, quasi da lotta armata.
Purtroppo in Italia manca, come dicevo prima, un partito o un movimento culturale nazionale, dalle Alpi alla Sicilia, che sappia interpretare la nostra vera identità come popolo, che dai tempi della Roma dei sette Re, del Senato, dei Cesari, dei Papi, degli Imperatori del Sacro Romano Impero e dei Re d’Italia ad oggi, ha reso grandi servigi all’intera umanità con la sua genialità, con la sua arte, con il diritto, e grazie al Cristianesimo con la religione della carità nella verità.
Non possiamo rassegnarci a questo triste destino di disfacimento dell’unità nazionale, di annichilimento della solidarietà e della sussidiarietà tra regioni italiane in nome di un egoismo becero, anticristiano e quindi antieuropeo, alla volontà di abbandonare la nave Italia che affonda, grazie alle voragini prodotte dalle stesse classi dirigenti politiche e finanziarie, che oggi propongono di lasciare il meridione in balia di se stesso, magari difronte a un invasione islamica e di un nord assoggettato alle influenze estere senza prestigio e ruolo politico internazionale.
Per tutto questo, fermo restando che nessuno è pregiudizialmente contro le autonomie vere come quella Siciliana e non inventate ad arte, credo che la via giusta per costituire un argine sia quella di costruire un’alternativa culturale autentica, che riporti al centro del dibattito, è quello che tentiamo di fare da anni con i nostri strumenti editoriali, l’essenza dell’italianità: il coraggio, la genialità e la spiritualità che fu la caratteristica di Roma, sempre e comunque, “ab Urbe condita”. Viva l’Italia.

Antonino Sala




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